A 20 anni impegnatevi nello studio,
a 25 anni iniziate a lavorare
e fate errori, a questa età
potete cadere e rialzarvi
senza conseguenze.
Se scegliete una grande azienda acquisirete i processi, se invece optate per una piccola realtà imprenditoriale apprenderete la passione di fare molte attività diverse
in una giornata. Dai 30 ai 40 focalizzatevi
sulla professione
lavorate su voi stessi. Dai 40 ai 50 anni
non tornate indietro,
non cambiate direzione, è troppo tardi.
Diventate semplicemente i più bravi,
in quello che già state facendo.
Dai 50 ai 60 investite nei giovani,
allevate talenti e trasferite informazioni.
Dai 60 anni in poi la priorità
è il vostro benessere fisico e mentale.
Andate al mare!
lunedì 26 dicembre 2016
mercoledì 21 dicembre 2016
Sull'analfabetismo italiano e la repubblica fondata sull'ignoranza
L’analfabetismo italiano e la Repubblica fondata sull’ignoranza
Intervista con il linguista Tullio De Mauro sui nuovi dati dell’analfabetismo in Italia
di Filomena Fuduli Sorrentino -http://www.lavocedinewyork.com/arts/lingua-italiana/2016/03/28/analfabetismo-italiano-e-la-repubblica-fondata-sullignoranza/
Qual è la percentuale degli italiani che ha una comprensione dei discorsi politici o che capisca come funzioni la politica italiana?
“È certamente inferiore al 30%”.
Secondo Socrate “c’è un solo bene: il sapere. E un solo male: l’ignoranza”. Oggi si combatte l’analfabetismo altrui oppure si usa come arma di sfruttamento per arrivare al potere?
“Purtroppo l’analfabetismo è oggettivamente un instrumentum regni, un mezzo eccellente per attrarre e sedurre molte persone con corbellerie e mistificazioni.
Facebook puoi ambire ad avere il 66% di utenti attivi con più di un post al giorno.
Movimenti politici "on-line" potete ambire al 66% dei voti, maggioranza qualificata per governare.
Assertività
Essere assertivi significa questo, “è un approccio del tutto diverso della mera realizzazione delle proprie esigenze. Consiste nel far sapere agli altri, in modo sicuro e diretto, che cosa si vuole e che cosa non si vuole”
lunedì 19 dicembre 2016
Vae victis
Vae victis è una locuzione latina che letteralmente significa Guai ai vinti. La locuzione è divenuta proverbiale in molte culture e viene più frequentemente utilizzata come amaro commento dinanzi ad una crudele sopraffazione o ad un beffardo accanimento di chi ha di fronte un avversario non più in grado di difendersi.
Vae victis - Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Vae_victis
Croce (Benedetto) sulla Politica
“Un’altra manifestazione della volgare inintelligenza circa le cose della politica è la petulante richiesta che si fa della onestà nella vita politica. L’ideale che canta nell’anima di tutti gli imbecilli e prende forma nelle non cantate prose delle loro invettive e declamazioni e utopie, è quello di una sorta di areopago, composto di onest’uomini, ai quali dovrebbero affidarsi gli affari del proprio paese. Entrerebbero in quel consesso chimici, fisici, poeti, matematici, medici, padri di famiglia, e via dicendo, che avrebbero tutti per fondamentali requisiti la bontà delle intenzioni e il personale disinteresse, e, insieme con ciò, la conoscenza e l’abilità in qualche ramo dell’attività umana, che non sia peraltro la politica propriamente detta: questa invece dovrebbe, nel suo senso buono, essere la risultante di un incrocio tra l’onestà e la competenza, come si dice, tecnica.
Quale sorta di politica farebbe codesta accolta di onesti uomini tecnici, per fortuna non ci è dato sperimentare, perché non mai la storia ha attuato quell’ideale e nessuna voglia mostra di attuarlo. Tutt’al più, qualche volta, episodicamente, ha per breve tempo fatto salire al potere un quissimile di quelle elette compagnie, o ha messo a capo degli Stati uomini e da tutti amati e venerati per la loro probità e candidezza e ingegno scientifico e dottrina; ma subito poi li ha rovesciati, aggiungendo alle loro alte qualifiche quella, non so se del pari alta, d’inettitudine.
È strano (cioè, non è strano, quando si tengano presenti le spiegazioni psicologiche offerte di sopra) che laddove nessuno, quando si tratti di curare i propri malanni o sottoporsi a una operazione chirurgica, chiede un onest’uomo, e neppure un onest’uomo filosofo o scienziato, ma tutti chiedono e cercano e si procurano medici e chirurgi, onesti o disonesti che siano, purché abili in medicina e chirurgia, forniti di occhio clinico e di abilità operatorie, nelle cose della politica si chiedano, invece, non uomini politici, ma onest’uomini, forniti tutt’al più di attitudini d’altra natura.
«È questo soltanto? E non dovrà essere egli uomo, per ogni rispetto, incensurabile e stimabile? E la politica potrà essere esercitata da uomini in altri riguardi poco pregevoli?». Obiezione volgare, di quel tale volgo, descritto di sopra. Perché è evidente che le pecche che possa eventualmente avere un uomo fornito di capacità e genio politico, se concernono altre sfere di attività, lo tenderanno in proprio in quelle sfere, ma non già nella politica. Colà lo condanneremo scienziato ignorante, uomo vizioso, cattivo marito, cattivo padre […].
[…] «Ma no, noi non ci diamo pensiero solo di ciò, ossia della vita privata; ma di quella disonestà privata che corrompe la stessa opera politica, e fa che un uomo politicamente abile tradisca il suo partito o la sua patria; e per questo richiediamo che egli sia anche privatamente ossia integralmente onesto». – Senonché non si riflette che un uomo dotato di genio o capacità politica si lascia corrompere in ogni altra cosa, ma non in quella, perché in quella è la sua passione, il suo amore, la sua gloria, il fine sostanziale della sua vita”.
(Etica e politica, a cura di G. Galasso, Adelphi, 1994)
Quale sorta di politica farebbe codesta accolta di onesti uomini tecnici, per fortuna non ci è dato sperimentare, perché non mai la storia ha attuato quell’ideale e nessuna voglia mostra di attuarlo. Tutt’al più, qualche volta, episodicamente, ha per breve tempo fatto salire al potere un quissimile di quelle elette compagnie, o ha messo a capo degli Stati uomini e da tutti amati e venerati per la loro probità e candidezza e ingegno scientifico e dottrina; ma subito poi li ha rovesciati, aggiungendo alle loro alte qualifiche quella, non so se del pari alta, d’inettitudine.
È strano (cioè, non è strano, quando si tengano presenti le spiegazioni psicologiche offerte di sopra) che laddove nessuno, quando si tratti di curare i propri malanni o sottoporsi a una operazione chirurgica, chiede un onest’uomo, e neppure un onest’uomo filosofo o scienziato, ma tutti chiedono e cercano e si procurano medici e chirurgi, onesti o disonesti che siano, purché abili in medicina e chirurgia, forniti di occhio clinico e di abilità operatorie, nelle cose della politica si chiedano, invece, non uomini politici, ma onest’uomini, forniti tutt’al più di attitudini d’altra natura.
«È questo soltanto? E non dovrà essere egli uomo, per ogni rispetto, incensurabile e stimabile? E la politica potrà essere esercitata da uomini in altri riguardi poco pregevoli?». Obiezione volgare, di quel tale volgo, descritto di sopra. Perché è evidente che le pecche che possa eventualmente avere un uomo fornito di capacità e genio politico, se concernono altre sfere di attività, lo tenderanno in proprio in quelle sfere, ma non già nella politica. Colà lo condanneremo scienziato ignorante, uomo vizioso, cattivo marito, cattivo padre […].
[…] «Ma no, noi non ci diamo pensiero solo di ciò, ossia della vita privata; ma di quella disonestà privata che corrompe la stessa opera politica, e fa che un uomo politicamente abile tradisca il suo partito o la sua patria; e per questo richiediamo che egli sia anche privatamente ossia integralmente onesto». – Senonché non si riflette che un uomo dotato di genio o capacità politica si lascia corrompere in ogni altra cosa, ma non in quella, perché in quella è la sua passione, il suo amore, la sua gloria, il fine sostanziale della sua vita”.
(Etica e politica, a cura di G. Galasso, Adelphi, 1994)
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